Guido D’Arezzo Inventore delle Moderne note musicali

Guido Monaco Di Pomposa

La statua di Guido D’Arezzo (Guido Aretino)

Guido Monaco di Pomposa Statua

Storia di Guido D’Arezzo

Guido nacque intorno al 991. Il luogo della sua nascita è incerto: Arezzo, Ferrara, Pomposa, Talla sono alcuni tra i centri che se ne contendono i natali. Tra il 1026 e il 1032, papa Giovanni XIX lo invitò a Roma affinché gli spiegasse la sua opera.
Fu monaco benedettino e curò l’insegnamento della musica nell’abbazia di Pomposa, sulla costa Adriatica vicino a Ferrara, dove notò la difficoltà che i monaci avevano ad apprendere e ricordare i canti della tradizione gregoriana e la ritmica della musica. Per risolvere questo problema, ideò e adottò un metodo d’insegnamento completamente nuovo, che lo rese presto famoso in tutta l’Italia settentrionale. L’ostilità e l’invidia degli altri monaci dell’abbazia[senza fonte] gli suggerirono di trasferirsi ad Arezzo, città che, benché priva di un’abbazia, aveva una fiorente scuola di canto. Qui giunto, si pose sotto la protezione del vescovo Tedaldo, a cui dedicò il suo famoso trattato: il Micrologus.
Dal 1025, Guido fu insegnante di musica e canto nell’antica sede della cattedrale di Arezzo, situata al Colle del Pionta, fuori dalle mura della città. Qui ebbe modo di proseguire gli studi intrapresi a Pomposa arrivando a codificare la moderna notazione musicale, che avrebbe rivoluzionato il modo di insegnare, comporre e tramandare la musica.

Per aiutare i cantori, Guido aveva usato le sillabe iniziali dei versi dell’inno a San Giovanni Battista di Paolo Diacono per denotare gli intervalli dell’esacordo musicale:

(LATINO)
«Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes»

(ITALIANO)
«Affinché possano con libere
voci cantare
le meraviglie delle azioni
tue i (tuoi) servi,
cancella dal contaminato
labbro il peccato,
o san Giovanni»
(Inno a San Giovanni)

Moderne note musical Guido D'Arezzo

L’invenzione delle note musicali

Guido monaco teorico della musica italiano

Da esso derivarono i nomi delle note Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si.

In questo modo Guido pose le basi del sistema teorico detto solmisazione (la prima forma di solfeggio). Il sistema guidoniano non era usato per indicare l’altezza assoluta dei suoni, che erano denotati con il sistema alfabetico già esistente, ma per collocare correttamente la posizione del semitono (mi-fa) nella melodia. Il nome “Ut”, quindi, non era assegnato solo alla nota che oggi chiamiamo “do” (l’Ut più grave della scala in uso fino al Rinascimento, anzi, era un sol). Solo nel corso del Seicento i nomi del sistema guidoniano furono associati definitivamente alle altezze assolute, dopo che alla fine del XVI secolo era stato aggiunto un nome per il settimo grado della scala (“Si”, dalle iniziali di “Sancte Iohannes”). Il teorico della musica italiano Giovanni Battista Doni propose inoltre, per ragioni eufoniche, di sostituire il nome “Ut” con “Do”, derivato molto probabilmente dalla sillaba iniziale del suo cognome. A partire da quell’epoca, i nomi dati da Guido hanno sostituito nei paesi latini la notazione alfabetica (ancora in uso in area tedesca e anglosassone); in francese si usa tuttora “Ut” in luogo del “Do”.

Guido codificò inoltre il modo di scrivere le note (notazione) definendo le posizioni di esse sulle righe e negli spazi del rigo musicale e proponendo un sistema unificato per la loro scrittura (utilizzando, per la parte terminale della nota, un quadrato, che sarebbe poi diventato un rombo e infine un ovale). Il rigo usato da Guido aveva quattro righe (a differenza del moderno pentagramma, introdotto invece da Ugolino Urbevetano da Forlì, che ne ha cinque) ed era perciò detto tetragramma. A Guido si deve inoltre l’invenzione di un sistema mnemonico, detto mano guidoniana, per aiutare l’esatta intonazione dei gradi della scala o esacordo. Oltre che nel già citato Micrologus, egli espose tali innovazioni in numerose lettere e trattati: tra queste, degne di menzione sono la Epistola “ad Michaelem de ignoto cantu”, il “Prologus in Antiphonarium” e le “Regulae rithmicae”.
Non è chiaro quali delle innovazioni attribuite a Guido fossero concepite a Pomposa e quali ad Arezzo, perché l’antifonario che egli scrisse a Pomposa è andato perduto.

La notorietà che la diffusione del Micrologus gli diede in tutta Italia fece sì che fosse invitato a Roma da papa Giovanni XIX. Pare che Guido vi si recasse nel 1028, soggiornando al Laterano e illustrando alla curia papale le novità che aveva introdotto; ritornò però presto ad Arezzo a causa della sua salute cagionevole. Dopo questa data si hanno meno notizie certe di Guido, tra cui quella del completamento del suo antifonario attorno al 1030, che però è andato perduto. Inoltre, le cronache dell’ordine camaldolese e alcuni documenti presso l’Archivio Segreto Vaticano, lo indicano come priore presso il monastero di Fonte Avellana tra il 1035 e il 1040, anni in cui Pier Damiani indossava l’abito monastico e di cui Guido divenne amico. In questo celebre monastero, Guido portò a compimento il suo Codice Musicale, poi denominato NN o Codice di Fonte Avellana, ancora oggi conservato nella vastissima biblioteca dell’importante monastero appenninico. Successivamente, dal 1040 al 1050, anno in cui sopraggiunse la sua morte, Guido fu priore del monastero di Pomposa, nel quale aveva maturato la sua vocazione monastica e aveva vissuto i primi anni come monaco. Dal 1040 al 1042, Guido volle con lui a Pomposa l’amico Pier Damiani, affidandogli la mansione di maestro dei monaci e dei novizi. Alcune cronache lo danno per beatificato subito dopo la morte, ma non esistono certezze in merito.

La Statua di Guido Monaco a Firenze (991/992– dopo il 1033), conosciuto anche come Guido d’Arezzo o Guido Aretino, è considerato l’ideatore della moderna notazione musicale e del tetragramma, che rimpiazzarono l’allora dominante notazione neumatica.
Il neuma (dal greco νεύμα neuma: segno, cenno, ma anche da πνεύμα: soffio, fiato o νόμος: melodia, formula melodica) nel canto gregoriano è un segno della notazione musicale utilizzato a partire dal IX secolo e durante tutto il Medioevo, fino all’introduzione del tetragramma, che sta a indicare l’insieme di note che si trovano su una unica sillaba.
Il neuma trascrive una formula melodica e ritmica applicata a una singola sillaba. Si parlerà quindi di neuma monosonico se a una sillaba corrisponde una sola nota musicale o di neuma plurisonico nel caso dell’utilizzo di più note su una singola sillaba. Nel caso del melisma che solitamente caratterizza lo jubilus nel canto dell’alleluia, vengono impiegate anche decine di note in un unico neuma. Il neuma viene quindi distinto dall’elemento neumatico, il quale indica un segno unito in composizione ad altri che lo precedono o lo seguono su una singola sillaba. Contrariamente all’approccio moderno, l’elemento di base del canto gregoriano non è la nota musicale, ma il neuma.
Attualmente, nelle moderne edizioni del canto gregoriano come nel graduale Triplex, vengono utilizzate sia la notazione quadrata sia la notazione sangallese e la notazione metense per offrire una lettura sinottica.

guido monaco nacque

Altro su Guido D’Arezzo

Dall’enciclopedia Britannica

Guido d’Arezzo (nato nel 990 circa, Arezzo? [Italia] — morto nel 1050, Avellana?) fu un teorico musicale medievale i cui principi servirono come fondamento per la moderna notazione musicale occidentale.

Educato presso l’abbazia benedettina di Pomposa, Guido evidentemente si avvalse del trattato musicale di Oddone di Saint-Maur-des-Fossés e pare che lì sviluppò i suoi principi di notazione del pentagramma. Lasciò Pomposa intorno al 1025 perché i suoi confratelli resistettero alle sue innovazioni musicali, e fu nominato da Teobaldo, vescovo di Arezzo, insegnante nella scuola della cattedrale e incaricato di scrivere il Micrologus de disciplina artis musicae. Il vescovo fece inoltre sì che Guido donasse (c. 1028) a papa Giovanni XIX un antifonario che aveva iniziato a Pomposa.

Sembra che Guido si sia recato nel monastero camaldolese di Avellana nel 1029, e da lì si sviluppò la sua fama. Molti dei manoscritti dell’XI secolo annotati nella nuova maniera provenivano da case camaldolesi.

I fondamenti del nuovo metodo consistevano nella costruzione per terzi di un sistema di quattro linee, o rigo, e nell’uso delle lettere come chiavi. La linea F rossa e la linea C gialla erano già in uso, ma Guido aggiunse una linea nera tra la F e la C e un’altra linea nera sopra la C. I neumi potevano ora essere posizionati sulle linee e sugli spazi tra e a è stata stabilita una relazione di tono definita. Non era più necessario imparare a memoria le melodie e Guido dichiarò che il suo sistema riduceva a un anno i 10 anni normalmente necessari per diventare cantante ecclesiastico.

Guido stava inoltre sviluppando la tecnica della solmizzazione, descritta nella sua Epistola de ignoto cantu. Non ci sono prove che la mano guidoniana, un dispositivo mnemonico associato al suo nome e ampiamente utilizzato nel Medioevo, avesse qualche legame con Guido d’Arezzo.

A Guido è anche attribuita la composizione di un inno a San Giovanni Battista, Ut queant laxis, in cui la prima sillaba di ogni verso cade su un tono diverso dell’esacordo (i primi sei toni della scala maggiore); queste sillabe, ut, re, mi, fa, sol e la, sono usate nei paesi latini come nomi delle note da c ad a (ut fu infine sostituito da do). Il suo dispositivo era di immenso valore pratico nell’insegnare la lettura a prima vista della musica e nell’apprendimento delle melodie. I cantanti associavano le sillabe a determinati intervalli; mi to fa, in particolare, rappresentava sempre un mezzo passo.

Prima di Guido una notazione alfabetica che utilizzava le lettere dalla a alla p era usata in Francia già nel 996. Il sistema di Guido utilizzava una serie di lettere maiuscole, minuscole e doppie minuscole dalla a alla g. Il sistema di Guido finì per essere associato anche all’insegnamento della gamma, ovvero l’intera gamma dell’esacordo (la gamma di note a disposizione del cantante).

Oltre alle sue innovazioni Guido descrisse anche una varietà di organum (aggiungendo ad una melodia di canto grego una seconda voce che cantava altezze diverse) che si muoveva in gran parte, ma non completamente, per quarte parallele. L’opera di Guido è conosciuta attraverso il suo trattato il Micrologus.